Interstellar

Ci troviamo catapultati a bordo di una nava spaziale alla ricerca di un pianeta abitabile da cui far ripartire l’umanità. Non è un fiaggio facile: il carburante è appena sufficiente, le radiazioni cosmiche ci costringono a continui esperimenti volti a innestare componenti cibernetiche nel nostro organismo, la stabilità politica è sempre messa in discusioni, rischiamo di continuo di venire distrutti da detriti spaziali e minibot assassini. Ma dobbiamo riuscire a portare una femmina umana su un pianeta abitabile a tutti i costi, ne va della conservazione della specie.

In Interstellar da uno a sei giocatori vestono i panni di una o più delle 6 fazioni politiche all’interno di questa nave in viaggio nello spazio. L’equilibrio tra questi credo è necessario ma precario: se l’obiettivo comune è invero quello di esplorare il cosmo ognuno di essi ha l’obiettivo di sopravvivere anche a costo di sacrificare l’umanità come la conosciamo noi per evevolvere al post-umanesimo. Durante ogni turno ogni fazione effettuerà una sola azione impiegando uno dei propri membri (avatar o umanoidi) in un esperimento dai risultati incerti o all’interno di uno dei moduli di cui è composta l’astronave per attivarne al momento giusto le abilità. I test in laboratorio aiuteanno la comunità ad ottenere nuove e potenti abilità ma saranno soggette all’incertezza, al rischio di accumulare stress e persino morire. L’attivazione dei moduli della nave all’inizio è sub-ottimale, perché i moduli stessi devono ancora essere potenziati, ma nesessaria per aumentare o ridurre la velocità dell’astronave, inviare sonde, ricaricare le batterie. 

In questo titolo l’ambientazione la fa da padrone: i giocatori percepiscono tutta la tensione e l’ansia di un viaggio spaziale quasi senza speranza e devono quindi accettare il rischio di vivere un’avventura epica a scapito di non avere esattamente tutto sotto controllo.